IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza sul ricorso n. 12425/1995
proposto  da  Luciano Castaldi rappresentato e difeso dall'avv. Paolo
Maria Montaldo ed elettivamente domiciliato presso lo stesso in Roma,
via degli Scipioni, n. 232;.
    Contro   la  Regione  Lazio,  rappresentata  e  difesa  dall'avv.
Giuseppe Bottino,
    Per  il riconoscimento del diritto del ricorrente alla percezione
dei  benefici  economici  derivanti dal suo reinquadramento nei ruoli
della  Regione  Lazio,  ai  sensi della legge regionale n. 39/1994, a
decorrere   dal  1  febbraio  1981,  con  interessi  a  rivalutazione
monetaria,  previo,  ove  occorra, l'annullamento della deliberazione
della  giunta  regionale 3391, in data 19 aprile 1995, nella parte in
cui  indicano la decorrenza dell'inquadramento economico al 5 ottobre
1994,  data  di  entrata  in  vigore  di  detta  legge, anziche' al 1
febbraio 1981;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visti  l'atto  di  costituzione  in  giudizio  e la memoria della
Regione Lazio;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Udito  alla  pubblica  udienza del 7 dicembre 2000 il consigliere
Lucia  Tosti  ed  uditi  altresi' l'avv. Montaldo per il ricorrente e
Bottino per la Regione;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

                              F a t t o

    Il ricorrente, dipendente dell'I.DI.S.U. (Istituto per il diritto
allo studio universitario) e destinatario della legge regionale n. 39
del   1994,   relativa  alla  determinazione  dell'ordinamento  della
struttura,  della  consistenza  dei  quadri  organici  e  dei profili
professionali  per  il  personale  del  predetto  Istituto, chiede il
riconoscimento  del  suo  diritto  a percepire i benenefici economici
derivanti dal reinquadramento nei ruoli della Regione Lazio, ai sensi
della  citata legge, a decorrere dal 1 febbraio 1981, con interessi e
rivalutazione  della  giunta  regionale  indicata  in epigrafe, nella
parte  in  cui  fissa la decorrenza dell inquadramento economico al 5
ottobre 1994.
    Rappresenta,  in  particolare,  l'interesse  che  l'art.  8 della
citata  legge  estendeva  anche  al  personale  dell'Istituto  che ne
facesse  domanda  il  meccanismo  di reinquadramento introdotto a suo
tempo  dalla  legge  regionale n. 15/1988 a favore del personale gia'
inquadrato  nei  ruoli  della  Regione Lazio, per effetto delle leggi
regionali nn. 2 e 3 del 15 gennaio 1983.
    Lo  stesso,  in  applicazione di tale norma, aveva presentato nei
termini,   essendo  in  possesso  dei  relativi  titoli  culturali  e
professionali,  apposita  istanza  di  reinquadramento  e, con l'atto
indicato  in  epigrafe,  la  Regione Lazio ha accolto la sua istanza,
fissando  pero'  la decorrenza giuridica del suo reinquadramento al 1
febbraio 1981, in analogia con quanto disposto a favore del personale
disciplinato  dalle  leggi regionali n. 2 e 3 del 1983, e gli effetti
economici  al  5  ottobre  1994, cioe' alla data di entrata in vigore
della legge n. 39/1994.
    Tale determinazione, ad avviso del ricorrente, avrebbe dato luogo
ad  una  evidente  sperequazione rispetto alle categorie di personale
originariamente  destinatarie  della  legge  regionale  15/1988,  con
conseguente grave lesione del suo diritto.
    Ai fini dell'accoglimento del ricorso, deduce pertanto i seguenti
motivi.
    1.  -  Violazione  legge  regionale  n. 15/1988,  art. 10;  legge
regionale  n. 39/1994,  art.  8;  artt. 3,  36  a 97 Cost. a principi
generali.  Eccesso  di  potere.  In  via  subordinata: Illegittimita'
costituzionale dell'art. 8, comma 5, della legge regionale n. 39/1994
in relazione agli artt. 3, 36 a 97 della Costituzione.
    Il  diritto  alla  decorrenza  dei  benefici  economici  ex legge
regionale  n.15/1988  dal 1 febbraio 1981 e' negato dai provvedimenti
indicati  in  epigrafe, in applicazione del comma 5 dell'art. 8 della
legge n. 39/1994.
    L'illegittimita'    dell'atto    impugnato   rispetto   a   norme
fondamentali  del  nostro  ordinamento  potrebbe  essere rimossa solo
previa dichiarazione di incostituzionalita' della citata disposizione
di legge.
    Deve  ritenersi,  in particolare, che l'aver fissato al 5 ottobre
1994  la  decorrenza economica dell'inquadramento del ricorrente, sia
illegittimo  in  relazione  a  varie norme costituzionali; a cio' con
riferimento  sia  ai  provvedimenti  della Regione, sia, soprattutto,
all'art. 8,  comma  5,  della  legge  regionale  n. 39/1994,  la  cui
costituzionalita' e' posta in dubbio sotto i seguenti profili.
    A)  Sarebbe  palesemente  violato,  innanzitutto, il principio di
eguaglianza  e  perequazione  che  pure  aveva indotto il legislatore
regionale  ad  estendere  i  benefici della legge n. 15/1988 anche al
personale del ruolo l.Di.S.U.
    Ed  invero, la soluzione adottata dalla legge regionale n. 39 del
1994   non   e'  idonea  ad  eliminare  pienamente  la  sperequazione
esistente;   viene   infatti   fissata   come   decorrenza  economica
dell'inquadramento   una  data  diversa  e  meno  vantaggiosa  per  i
dipendenti  delle  ex  Opere  universitarie  rispetto  agli originari
destinatari della legge regionale n. 15/1988.
    Di  conseguenza  e'  da  ritenersi  violato  il  principio di cui
all'art. 3  della  Costituzione,  giacche'  situazioni uguali vengono
diversamente trattate.
    B)  Anche  il  principio  di adeguatezza e proporzionalita' della
retribuzione di cui all'art. 38 della Costituzione appare violato.
    Ed  invero, la legge regionale n. 15/1988, successivamente estesa
dalla   legge  regionale  n. 39  del  1994  al  personale  del  ruolo
I.Di.S.U.,   ha   consentito   di   far   collimare  inquadramento  e
professionalita'  attraverso  una  accurata  valutazione  dei  titoli
culturali,  professionali  e di carriera. Di tale professionalita' si
e'  evidentemente  riconosciuta  la sussistenza dall'1 febbraio 1981,
data di decorrenza giuridica.
    Conseguentemente  dalla  stessa  data  deve  farsi  decorrere  la
maggiore    retribuzione,    proporzionale    alla   professionalita'
riconosciuta  al  dipendente,  cosi'  come,  d'altra  parte,  si  era
disposto  per il restante personale beneficiano della legge regionale
n. 15/1988.
    La mancata applicazione di tale principio si tradurrebbe, quindi,
"in  una  palese  violazione  dell'art. 36, dal momento che non viene
fatta corrispondere la retribuzione alla qualita' professionale".
    C)  Appare  violato, infine anche il principio di cui all'art. 97
della  Costituzione, atteso che non e' segno ne' di imparzialita' ne'
di  buona  amministrazione  il  fatto  che,  dopo  aver  ritenuto  la
arbitrarieta'  e  la  manifesta  irragionevolezza  di  una precedente
situazione  discriminatoria,  la  Regione  Lazio non abbia operato di
conseguenza,   lasciando   permanere  una  ingiustificata  ed  iniqua
differenza di trattamento economico.
    Il  ricorrente  chiede,  pertanto, l'accoglimento del gravame con
ogni  conseguenza  di  legge  anche  in  ordine  alle spese e, in via
subordinata,  che venga ritenuta come non manifestamente infondata la
questione  di  incostituzionalita'  sollevata e, sospeso il giudizio,
che gli atti vengano rimessi alla Corte costituzionale.
    L'amministrazione  regionale  intimata, costituitasi in giudizio,
controdeduce  al  ricorso  con  un'ampia  ed articolata memoria nella
quale  contesta  le argomentazioni ex adverso svolte, concludendo per
la reiezione dell'impugnativa.
    Alla odierna udienza la causa viene spedita in decisione.

                            D i r i t t o

    1.  - Il collegio ritiene, preliminarmente, di potere prescindere
dall'esame  dell'ammissibilita' del ricorso nella parte relativa alla
domanda   diretta   all'annullamento   dell'impugnata  deliberazione,
essendo   il  ricorso  volto,  in  via  principale,  ad  ottenere  il
riconoscimento  del  diritto  alla  percezione dei benefici economici
conseguenti  al reinquadramento del ricorrente nei ruoli regionali ai
sensi  della  legge  regionale  Lazio  n. 39/1994,  a decorrere dal 1
febbraio 1981, con interessi e rivalutazione monetaria.
    Va  subito  osservato,  tuttavia,  che  all'accoglimento  di tale
istanza  principale osta il chiaro dettato della norma (art. 8. comma
5,  della  legge  regionale  n. 39/1994), in applicazione della quale
sono  stati  adottati  anche  i  provvedimenti  impugnati,  norma che
prevede  espressamente,  rispetto  a quella giuridica ivi indicata (1
febbraio   1981),  una  diversa  decorrenza  economica  dei  benefici
attribuiti e, cioe', quella dell'entrata in vigore della citata legge
regionale (5 ottobre 1994).
    Di  conseguenza,  pregiudiziale all'accoglimento della pretesa e'
la decisione sulla legittimita' costituzionale della norma, questione
che  la  sezione  ha  gia'  sollevato  con  ordinanza  n. 1277 del 19
febbraio  2001,  le cui considerazioni vengono riprese e condivise in
questa sede.
    Sul piano normativo si e' osservato che:
        I)  Gia'  prima  ancora  della  legge  regionale  n. 14/1983,
istitutiva   dell'I.Di.S.U.  -  nei  cui  ruolo  veniva  inserito  il
personale  delle ex Opere universitarie trasferito alla Regione Lazio
ex  d.P.R.  n. 616  del  1977  -  la  legge regionale n. 5/1981 aveva
stabilito  che  in  favore  di  detto personale si sarebbe applicata,
decorrere  dall'1  novembre 1979, la disciplina sullo stato giuridico
ed economico dei dipendenti regionali.
        II)  Successivamente - dopo che con legge regionale n. 6/1985
erano  stati  previsti tre ruoli organici distinti in cui inserire il
personale  appartenente,  rispettivamente,  agli uffici della Regione
Lazio,  alla  formazione  e all'I.Di.S.U., rinviando ad un successivo
atto normativo la determinazione dell'effettiva consistenza dei ruoli
-  con  la legge regionale n. 15/1988 veniva stabilito il trattamento
economico-giuridico in favore del personale gia' inquadrato nei ruoli
regionali per effetto delle leggi n. 2/1983 e n. 3/1983, leggi queste
che  avevano  inserito  in  ruolo  il  disparato  personale assegnato
inizialmente  alla  regione  (sia in posizione di comando sia perche'
trasferito  dallo  Stato  o da altri enti), che veniva inquadrato nei
nuovi  ruoli  regionali  a  decorrere,  a  tutti  gli  effetti, dal 1
febbraio 1981.
    La  stessa  legge  n. 15/1988, peraltro, onde eliminare possibili
sperequazioni,  consentiva,  in  alternativa  all'inquadramento  gia'
disposto,  un  reinquadramento,  anche  in  soprannumero, che avrebbe
dovuto  decorrere  in  ogni  caso  dalla data predetta del 1 febbraio
1981,  riferita al primo inquadramento conseguente alla pubblicazione
delle citate leggi n. 2/1983 e n. 3/1983.
        III)  Infine,  e'  intervenuta la legge regionale n. 39/1994,
volta  a  risolvere i vari problemi sorti in ordine all'inquadramento
del  personale  in  sede  di applicazione delle leggi surriferite e a
realizzare l'attesa perequazione, che estendeva, quindi, al personale
del  ruolo I.Di.S.U. la legge regionale n. 15/1988 e, di conseguenza,
il  trattamento  del restante personale regionale; ma cio' taceva, in
concreto,  soltanto  parzialmente  perche'  i benefici previsti dalla
cennata  legge  n. 15, differentemente da quanto verificatosi per gli
originari  suoi  destinatari,  erano estesi al personale del ruolo di
appartenenza  dei ricorrenti solamente ai fini giuridici, e non anche
a  quelli  economici,  pur riconoscendosi ad essi retroattivamente il
possesso  della  professionalita' connessa ad una superiore qualifica
funzionale dal 1 febbraio 1981.
    "Cosi'  delineato  il  quadro  normativo  nel cui ambito viene ad
inserirsi  anche  norma  per  la  quale  e' posta ora la questione di
costituzionalita'  (art. 8,  comma  5,  legge regionale n. 39/1994 il
collegio,  dovendo farne applicazione nel caso in esame, ritiene - in
accoglimento  della specifica richiesta in proposito avanzata, in via
subordinata,  da  parte  dei  ricorrenti  - di sollevare questione di
legittimita' costituzionale della medesima disposizione regionale per
contrasto con principi fondamentali della Costituzione.
        a)  Al  riguardo la questione e', innanzitutto, rilevante nel
giudizio  in  corso. lnfatti, le richieste dei ricorrenti, incontrate
sulla  sostanziale  irragionevolezza  ed ingiustizia della disciplina
introdotta con la disposizione surriferita, non potrebbero, in quanto
derivanti da un provvedimento a carattere legislativo, essere accolte
da    questo   tribunale,   non   essendo   attribuito   al   sistema
giurisdizionale  alcun  potere  di  disapplicare provvedimenti aventi
forza legislativa.
        b) La questione e' anche non manifestamente infondata; e cio'
per  ritenuto  contrasto  con l'art. 3, con l'art. 36, comma 1, e con
l'art. 97, comma 1, della Costituzione.
        c)    In   particolare,   con   riguardo   all'art. 3   della
Costituzione,  il collegio deve osservare, innanzitutto, che la norma
in   questione   non  sembra  idonea  a  eliminare  integralmente  la
sperequazione gia' esistente tra i vari dipendenti regionali perche',
mentre fissa la decorrenza giuridica dal 1 febbraio 1981, indica come
decorrenza  economica  dell'inquadramento  una  data  diversa  e meno
vantaggiosa  per  i  ricorrenti  rispetto  agli originari destinatari
della  legge n. 15/1988, introducendo in effetti una nuova disciplina
che sembra perpetuare diversita' di trattamento.
        Nella  fattispecie,  dunque, non pare sia stato rispettato il
principio  di  eguaglianza e perequazione, che pure aveva sollecitato
gli  organi legislativi regionali ad estendere i benefici della legge
n. 15/1988 anche al personale "appartenente all'I.Di.S.U.
        La  intenzione che aveva mosso il legislatore regionale, come
accennato  e  come emerge dagli stessi lavori preparatori della legge
regionale   n. 39/1994,   era,   infatti,   quella  di  definire  una
situazione,  ritenuta  discriminatoria,  che  sussisteva  da anni con
conseguenti lagnanze e proteste da parte degli interessati dipendenti
I.Di.S.U.,   cui   non   erano   stati  attribuiti  i  riconoscimenti
giuridico-economici gia' corrisposti in favore del restante personale
regionale.
        La  soluzione  indicata dalla legge n. 39/1994, nonostante la
cennata  intenzione, non sembra, pero', idonea ad eliminare del tutto
l'esistente  sperequazione,  dal momento che, come si e' detto, viene
stabilita  come  decorrenza economica una data meno vantaggiosa per i
dipendenti  del  ruolo  I.Di.S.U.,  rispetto  a quella indicata per i
destinatari originari della legge regionale n. 15/1988.
        Cio'  posto,  nella  specie  appare  violato,  ad  avviso del
collegio,  il  principio di parita' tra i cittadini di cui all'art. 3
della  Costituzione, essendo diversamente trattate nella disposizione
in parola situazioni riferite a dipendenti regionali, nella sostanza,
uguali;  e  permanendo,  comunque,  il  contrasto  tra le esigenze di
perequazione,  piu' volte affermate dalla stessa regione e il rimedio
posto che appare procrastinare, invece, una situazione di trattamento
economico  diseguale  tra dipendenti inseriti in appositi ruoli dello
stesso ente.
        d)  Relativamente alla dedotta violazione dell'art. 36 Cost.,
relativo   al   principio   di  adeguatezza  e  proporzionalita'  tra
retribuzione e prestazione lavorativa, il collegio deve osservare che
la  norma  in  questione  -  come  evidenziato  nel  ricorso - sembra
effettivamente  ledere  detto principio. Con essa, infatti, non viene
fatta   decorrere   la   maggiore  retribuzione,  proporzionale  alla
professionalita'  riconosciuta,  alla  data del 1 febbraio 1981, come
disposto  per  il restante personale destinatario dei benefici di cui
alla  legge  regionale  n. 15/1988, con corresponsione, quindi, della
retribuzione  in  modo corrispondente alla qualita' professionale (di
cui  e'  pur  riconosciuta  la  sussistenza, dalla data di decorrenza
giuridica  del  reinquadramento  in  questione;  e  cio' con concreta
incidenza  sul  diritto  riconosciuto  dalla  Costituzione  a  che il
lavoratore  abbia  una  retribuzione  proporzionata  alla quantita' e
qualita'  del  suo  lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a
se' e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.
        e)  Con  riguardo all'art. 97 della Costituzione, il collegio
rileva,   infine,   come   il   principio   del   buon   andamento  e
dell'imparzialita'   ivi   indicato   sia   un   principio   generale
dell'ordinamento   giuridico  che  deve  ispirare  qualsiasi  assetto
organizzatorio    e    qualsiasi    comportamento    della   pubblica
amministrazione,  nel  senso che questi debbono sempre essere volti a
rendere  ottimale  l'attivita' della stessa pubblica amministrazione,
in  modo  tale  da  risultare nel miglior modo possibile satisfattori
degli interessi pubblici attribuiti.
    Ora, nella fattispecie, tale principio di buona amministrazione e
imparzialita'  non  appare  adeguatamente  rispettato,  in  quanto il
legislatore  regionale, dopo aver ritenuto la irragionevolezza di una
precedente situazione discriminatoria, non sembra avere coerentemente
tratto  le  dovute conseguenze, lasciando sussistere il differenziato
trattamento economico.
    In  definitiva,  emerge  nella  fattispecie  che  il  legislatore
regionale  con  la legge n. 39 del 1994 ha approvato disposizioni che
in   effetti   continuano   a   mantenere  inalterata  la  situazione
discriminatoria denunciata dai ricorrenti sotto il profilo economico,
concretando  con  cio' un comportamento che appare sintomatico di una
non corretta ed imparziale amministrazione".
    Per  le  considerazioni  che  precedono,  il giudizio va, dunque,
sospeso in attesa della soluzione da parte della Corte costituzionale
della  sollevata  questione di legittimita' della menzionata norma in
relazione  agli  artt. 3,  36,  primo comma, e 97, primo comma, della
Costituzione.